un network di cittadini con spirito liberale che vogliono partecipare alla costruzione di un soggetto politico aperto e inclusivo che abbia come obiettivo quello di diminuire il peso delle corporazioni, della burocrazia e dello stato nella vita dei cittadini
sabato 29 maggio 2010
Manovra necessaria ma non sufficiente. L'iceberg è ancora lì, però adesso sappiamo che è stato avvistato
Eppure l'iceberg è lì davanti i nostri occhi. Ci sono 600 miliardi di euro di titoli di stato, pari ad un terzo del debito pubblico, che scadranno nei prossimi tre anni. Di questi 250 miliardi da qui ad un anno. Il mercato ci darà fiducia? A che tassi? La Banca Centrale Europea dovrà intervenire? Se così sarà cosa ci chiederanno di fare i partner europei, Germania in primis? Per questo diciamo subito che la manovra finanziaria era più che necessaria, ma sarà sufficiente? A nostro avviso non lo sarà nè quantitativamente, nè qualitativamente. Ce la siamo letta, almeno la bozza che girava sui vari siti fino a questa mattina e siamo essenzialmente d'accordo su varie misure. Manca quasi totalmente la parte relativa allo sviluppo, con delle positive eccezioni che più avanti approfondiremo. I mercati se ne sono accorti ed i fantomatici credit default swaps sono saliti del 70% in una sola settimana. Visto che l'agenzia di rating Fitch ha appena tolto la tripla AAA al debito pubblico spagnolo, ciò non lascia presagire nulla di buono. Il che è presto detto, i mercati vogliono si il controllo dei conti, ma soprattutto vogliono la crescita. Se hai perso il lavoro, fai bene a tagliare le spese, ma se non ne cerchi un altro non farai molta strada. Non ci stancheremo mai di dirlo, intere generazioni sono state soffocate dal debito pubblico e chissà quante altre lo saranno, la crescita economica soprattutto del sud deve diventare una questione centrale, più di qualsiasi riforma istituzionale, federalismo ed altri giochini per tenere impegnata l'opinione pubblica.
Tagliando la spesa pubblica si taglia anche il PIL e si rischia di creare un circolo vizioso. E' per questo che una manovra che si rispetti deve contenere anche misure per lo sviluppo.
Un accenno in tal senso l'abbiamo trovato in alcune misure. Per esempio quella che permette alle imprese straniere di mantenere le imposizioni fiscali del paese di provenienza, anche per quello che riguarda le imposizioni sul lavoro. Questa normativa, rappresenta un'innovazione che giudichiamo molto positivamente, soprattutto per la nostra Sicilia e nel nostro caso per Palermo. Se sommiamo alla creazione delle zone franche urbane, ed alle zone a zero burocrazia questa piccola norma, diciamo che qualcosa si sta veramente muovendo. Il nostro Circolo, Generazione Palermo si farà promotore di qualche iniziativa, appena si specificheranno meglio i vari regolamenti attuativi, perchè la portata di questa norma, per la politica locale, può essere stratosferica e rappresenta un'opportunità da non perdere. La politica locale dovrà contribuire ad informare le imprese estere, costituire network d'accoglienza e pacchetti d'accoglienza, stimolare joint venture, etc. Non ci vuole molto basta copiare ciò che già fanno in da anni in Cina. Finalmente l'occasione di creare posti di lavoro sani. Non le facciamo andare tutte in Lombardia, insomma.
Scusate se siamo andati un pochino fuori tema, ma la felicità di andare a scovare una norma innovativa ha quasi cancellato la delusione per il fatto che è uno dei pochi strumenti di crescita. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno e consoliamoci con il fatto che l'iceberg è stato avvistato.
domenica 23 maggio 2010
Siamo ragionieri o economisti?
sabato 22 maggio 2010
mercoledì 19 maggio 2010
I SACRIFICI SI CHIEDONO SOLO DOPO AVERLI FATTI PER PRIMI: UNA CLASSE POLITICA CHE NON SA DARE ESEMPI
IN PARLAMENTO BUVETTE CON PASTI A 3 EURO, ASCIUGAMANI DA 88 EURO, 70 MILIONI PER VOLI DI STATO, 3.000 DIPENDENTI, DIVISE DEI COMMESSI DA 1.800 EURO: DIPENDENTI IN PENSIONE A 8.000 EURO AL MESE A 52 ANNI…NEL 1946 CAMERA E SENATO FUNZIONAVANO CON 4 PALAZZI, ORA SONO PIU’ DI 30… CONSULENZE IN AUMENTO E SPESE REGIONALI SENZA CONTROLLI
Chiedere sacrifici agli italiani si può, ma reclamarli in nome della crisi internazionale, quando si continua a far finta di non vedere le mille contraddizioni di uno Stato che sputtana soldi a milionate ogni giorno, non può essere un alibi valido.
Il centrodestra sta governando questo Paese da ben sette degli ultimi nove anni: tempo più che sufficiente per imprimere un cambiamento che non c’è stato.
Se l’elettorato deluso diserta le scadenze elettorali e l’astensionismo ha raggiunto vette impensabili, occorre anche saper fare autocritica: è segno che il cittadino ha percepito la mancanza di una svolta.
Di tagli si parla solo per gli stipendi degli statali, mentre il potere d’acquisto è diminuito, la soglia di povertà assorbe sempre più milioni di italiani e la corruzione dilaga come in passato.
Di fronte a una crisi che il governo ha sempre voluto ridimensionare, una classe politica adeguata avrebbe dovuto dare l’esempio, non attraverso spottoni inveritieri, ma con comportamenti reali adeguati.
Dati alla mano, le auto blu sono aumentate, le consulenze pure, i deficit di molte regioni e comuni sono prossimi alla bancarotta, come d’altronde la sanità.
Eppure sul Titanic, ovvero nel Parlamento italiano in agonia, mentre molti cittadini comuni tagliano tutte le spese possibili, l’orchestra suona sempre la stessa musica.
Alla buvette un primo costa sempre un euro, un secondo due euro, si comprano 50 asciugamani a 88 euro l’uno, quando su internet gli stessi identici si trovano a 5 euro ciascuno.
Si continua a spendere cifre incredibili come 70 milioni l’anno di aerei di Stato, si incrementa il parco di auto blu, si presentano leggi per dare il vitalizio anche ai sindaci e agli assessori comunali.
Pensate che nel 1946 Camera e Senato, per il loro funzionamento, necessitavano di 4 palazzi, mentre ora non ne bastano 30.
Il tutto mentre il Parlamento oggi ha 3.000 dipendenti e una divisa da commesso costa allo Stato 1.800 euro, una cifra con la quale una madre di famiglia veste marito e figli tutto l’anno.
Siamo un Paese dove ancor oggi un commesso parlamentare va in pensione a 52 anni con 8.000 euro al mese di vitalizio per 15 mensilità e in cui un dipendente di Camera o Senato ha una retribuzione di 15 volte superiore a chi ha lavorato altrove.
Un Paese dove nessuno fa una legge che vieti il cumulo delle pensioni dei parlamentari con altri incarichi, dove gli enti locali e i ministeri ogni anno aumentano le consulenze, invece che ridurle.
In Regione Sicilia abbiamo 50.000 forestali, 1 dirigente ogni 6 dipendenti, un capufficio ogni due impegati, 2.200 manager con stipendi da favola.
A Palermo abbiamo 1.000 giardinieri e sono state ancora assunte 50 persone con il compito di controllare i tombini e altre 20 persone per controllare i 50 che dovrebbero controllare i tombini.
Immaginiamo già i federalisti: ecco il Sud sprecone.
Ma come mai i governi centrali non sono mai intervenuti commissariando?
Il problema è lo Stato latitante, le istituzioni complici, il ceto politico degradato, non le formulette federaliste uso gonzi.
Il problema sta nella politica come centrale affaristica e non come servizio per il proprio popolo, sta nella mancanza di esempio, di stile, di etica, di disinteresse.
Una destra seria ha il dovere di porsi queste domande, se vuole davvero interpretare il Paese reale: non si vive a lungo di spot e sondaggi, di manipolazione dell’informazione televisiva e di bugie.
Se non si sa vivere in sintonia con il proprio popolo e progettare un futuro, non solo non si va lontano, ma si fa soprattutto un danno a una concezione di destra vera, sociale e moderna che vive invece nelle speranze di tanti italiani.
Crisi, gli italiani hanno tanta paura e poca speranza
Non c’è dubbio che la crisi economica sia in cima ai pensieri degli italiani. Secondo un sondaggio Crespi ricerche realizzato in esclusiva per Generazione Italia, ben il 72,9% dei cittadini è pessimista e ancor di più – ben 8 italiani su 10 – son preoccupati per la crisi internazionale. Forse perché, come ci dice il FMI, l’Italia è abituata a convivere con un debito pubblico altissimo, crescita economica pari allo zero e così via. Per cui la preoccupazione è maggiormente rivolta all’estero, dove effettivamente la crisi è più violenta che da noi.
Si parla di tagli e gli italiani valutano positivamente quelli a danno degli stipendi di politici a livello locale e nazionale (89,8%), dirigenti pubblici (70,3%) e magistrati (49,6%).
Gli italiani sono arrabbiati. E così la crisi economica fa passare in secondo piano il duello Fini-Berlusconi, che comunque continua ad appassionare gli elettori. Seguendo il nostro abituale gioco, alla domanda “Se si votasse per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, Lei voterebbe più probabilmente per Fini o per Berlusconi?”, ben il 36,4% degli elettori del Pdl sceglierebbe Fini.
Stabile tra l’8 e il 10% l’ipotetico “partito di Fini”, che però viene ritenuto sempre meno probabile dagli elettori del Pdl. La “scissione” è ritenuta possibile ormai solo dal 15,9% degli elettori del Pdl e dal 25,9% della totalità degli italiani. E’ una notizia. Solo due settimane fa, questi dati superavano il 50%.
A proposito di politica per gli addetti ai lavori, l’ingresso dell’Udc nella maggioranza di governo è valutato negativamente da più del 70% degli elettori. Una percentuale ancor maggiore tra gli elettori del Pdl. Insomma, l’ipotesi di Casini di nuovo “intruppato” nel centrodestra non sembra essere gradita.
martedì 18 maggio 2010
Federalismo, crisi europea e capitali in fuga
Non è l'Italia post federale voluta dalla Lega, ma è l'Europa.
Dire cosa c'è che non va è semplice e gli economisti dovrebbero conoscere perfettamente il fenomeno del fly to quality.
Quindi l'Europa è un'occasione per i paesi forti ed un impoverimento continuo per i paesi deboli.
Se consideriamo, inoltre, che i prezzi degli immobili e delle merci con la stessa valuta si livellano al prezzo più alto, mentre le contrattazioni salariali rimangono a livello periferico (gabbie salariali) abbiamo un impoverimento continuo di chi abita in aree a crescita più lenta. Lo stiamo vivendo in questi giorni. Per la Grecia ci sarà anche un problema di corruzione, ma il Portogallo e la Spagna? L'Italia si tiene ad una certa distanza dalla crisi, perchè comunque ha un alto livello di esportazioni e con lo scudo fiscale i capitali invece di uscire sono, in parte rientrati, però una corposa manovra di aggiustamento dei conti pubblici coinvolge anche noi. Invece di risolvere crisi sistemiche con riforme strutturali i burocrati europei ed i ministri delle finanze dei vari paesi in difficoltà preferiscono diminuire i fabbisogni tagliando la spesa pubblica, creando però un pericoloso circolo vizioso redditi-spesa pubblica e non incidendo minimamente sul fenomeno del fly to quality... in poche parole, il prossimo annmo saremo punto e daccapo.
Adesso, però, la solidarietà e la reciprocità nazionale sono in serio pericolo. Il federalismo che ha in mente la Lega taglia il cordone ombelicale senza introdurre una nuova moneta. Diventare la periferia dell'Italia che già è la periferia dell'Europa.
L'esperimento europeo che sta fallendo, perchè contrario ad un basilare principio economico si vuol riprendere e trasferire in Italia. Mentre l'Europa dovrebbe copiare il modello italiano, introducendo dei flussi di compensazione per le aree a più bassa crescita ed un livello di contrattazione sindacale europeo, ma questa è un'altra storia.
Se proprio lo volete fare, almeno dateci due monete, altrimenti il federalismo, sarà il colpo di grazia per il sud.