lunedì 30 agosto 2010

Il Tea Party e Generazione Italia


di Alessandro Piergentili
l'America è un grande paese. Una società sempre in movimento dove ogni quattro anni si celebra il più grande spot mondiale per la democrazia qual'è l'elezione del Presidente degli Stati Uniti e dove, almeno ogni otto anni migliaia di persone facenti parte la classe dirigente del paese fanno le valigie e lasciano il posto ad altri. Tutto ciò accade da secoli, con cadenza regolare all'interno di un bipartitismo quasi perfetto. Un fenomeno nuovo, però, si sta espandendo a macchia d'olio nel contesto politico statunitense. il Tea Party prende sempre più piede tra la middle class americana (la maggioranza silenziosa) con la sua ricetta economica fatta di meno tasse e meno presenza dello stato nell'economia. Il Tea Party ha un doppio significato, visto che è sia l'acronimo di (tax enough already) già tassati abbastanza ed è anche un forte riferimento storico visto che si rifà al Boston Tea Party del 1773 che iniziò con un atto di protesta dei coloni americani (la distruzione di centinaia di ceste contenenti tè) contro la legislazione fiscale imposta dal Governo della Gran Bretagna, che consegnava di fatto il monopolio del tè mondiale alla britannica Compagnie delle Indie e che da molti storici viene considerata come la scintilla da cui iniziò la rivoluzione per l'indipendenza americana. In effetti nel nome è racchiusa tutta la piattaforma politica del movimento che attorno a slogan tipici delle destre conservatrici europee del Dio, patria e famiglia ed ad un forte nazionalismo patriottico rafforzato da riferimenti ed immagini tipiche della rivoluzione americana è la forza del messaggio economico tanto semplice quanto sentito che smuove le coscienze della middle class. Il partito Democratico, forte del carisma della presidenza Obama guarda ancora con una sorta di superiorità e derisione il Tea Party, ma i sondaggi iniziano a mostrare delle crepe profonde nel consenso e nella popolarità del presidente afroamericano. Dall'altra parte i repubblicani sembrano non sapere come comportarsi, perchè se la destra americana rappresentata da Sarah Palin, sta cercando di cavalcare l'onda, la componente moderato-istituzionale del partito rimane piuttosto scettica, per non dire impaurita. Del resto sono le modalità del successo che sconvolgono, lo spontaneismo ed il movimentismo che si propagano attraverso internet, i forum, i blog ed i social network e le radio locali e nazionali, fino a conquistare il pieno appoggio della Fox News, le prime primarie repubblicane dove i rappresentanti del Tea Party fanno incetta dei voti sembrano voler trasformare lo storico partito. Il Tea Party ha lanciato una sorta di opa ostile sul partito repubblicano americano e se i vertici non sapranno gestirla si potrebbe addirittura arrivare alla clamorosa nascita di un terzo polo. Non ci vedete delle analogie con quello che sta accadendo in Italia? Le due destre americane e le due destre italiane, pur se in condizioni ed in paesi con distanze politiche, strutturali, economiche, ambientali e sociali siderali, si stanno ritrovando accomunati da due fenomeni simili. Lo spontaneismo che accompagna Generazione Italia dovrebbe essere accompagnato da un messaggio economico forte e rivoluzionario, come accade per il Tea Party americano. Una rivoluzione fiscale, che partisse dal Mezzogiorno, per poi propagarsi in tutte le zone d'Italia trasformerebbe questo nostro paese ed a quel punto sarebbe il PDL a dover scegliere da che parte stare. La gente è stufa e la crisi sta colpendo duro, Generazione Italia ha davanti ha sè un terreno politico che ha iniziato a coltivare tramite internet e lo spontaneismo, ora basta un po' di coraggio e un'analisi più approfondita di quello che sta accadendo negli Stati Uniti per continuare sulla strada intrapresa. Non servono tanto altri partiti, ma altri messaggi.

sabato 28 agosto 2010

Le due destre, quella egoista e quella che unisce

di Alessandro Piergentili

Espulsioni e dossier fanno parte di una cultura che non è nata nel mese di Agosto di quest'anno. Una cultura di una destra che parla alla parte peggiore che alberga in ognuno di noi. Le cattive frequentazioni possono traviare chiunque ed una cultura becera che ci accompagna ogni giorno sulle televisioni, sui giornali, sulle riviste, con il passaparola, i gazebo ha cambiato profondamente la nazione ospitale ed aperta dei nostri padri. La ricostruzione ha unito i nostri nonni, il boom degli anni '60 ha inorgoglito i nostri genitori, noi quarantenni siamo cresciuti con un senso di libertà ed una cultura nazionale, che purtroppo non avranno i nostri figli. Il nostro lascito sarà l'egoismo, la divisione e la superficialità. Quando guardo i miei bambini ho molta paura, perchè non so se riuscirò a tramandargli concetti diversi da tutto ciò che li circonda, educarli ad essere profondi e giusti, onesti ed ospitali. Non mi interessa se politicamente saranno di destra o di sinistra, soprattutto perchè questi due riferimenti geografici non hanno più molto senso, se non per quanto riguarda gli aspetti di politica economica. Per tutti gli altri temi etici, culturali, legalitari, sociali e sociologici la distinzione appare più tra le visioni superficiali e le visioni approfondite. Tra chi ragiona e non vuole fare solo propaganda o parlare esclusivamente alla pancia del paese, una sintesi si può trovare. Si può trovare anche tra laici e cattolici, perfino su temi come il proibizionismo e l'antiproibizionismo, se non si estremizzano le posizioni, perchè comunque il fine è comune. Quello che è più difficile da trovare è un punto di equilibrio tra le due destre, l'una egoista, l'altra che cerca di unire. Ci si può anche provare, ma ci sembra un'impresa disperata e nel frattempo i nostri figli crescono in un paese che va nella direzione sbagliata. Ed a quel punto vale la pena rimanere dalla parte sbagliata solo per un riferimento geografico?

venerdì 20 agosto 2010

La gente non vota per Don Abbondio


Prima o poi arriva l'ora delle scelte difficili, altrimenti il tempo decide per noi. Esistono dei momenti fondamentali che prevedono di stare di qua o di là. Con l'espulsione o presunta tale dei finiani Berlusconi ha giocato la sua mossa e con l'attacco combinato dei suoi giornali ha mosso lo scacco al Re. Ieri abbiamo assistito ad una pagina brutta per Generazione Italia, Futuro e Libertà ed in generale tutto il mondo finiano che si sta muovendo coerentemente. E' possibile mai che la coerenza manca proprio nei fiiniani? Leggere che siamo favorevoli al lodo per il Presidente del Consiglio ci ha fatto veramente tornare indietro di mesi, quando avevamo perso ogni speranza. Poi sconfessare un articolo, che per quanto duro era chiaramente l'espressione di moltissima gente che segue Fini, oltre che un atto difensivo di fronte ai continui attacchi che ogni giorno si leggono su Libero e sul Giornale, è stato un atto non dovuto e non coerente. Vorremmo semplicemente coerenza, anche perchè se dobbiamo agire sul territorio e raccogliere adesioni non comprendiamo cosa possiamo dire e spiegare alla gente se siamo i primi noi a non comprendere. Va bene l'arte della politica, ma qui si sta esagerando, stiamo ancora recuperando coloro i quali non hanno compreso lo scioglimento di AN nel PDL, perchè ritenevano che fosse allora il momento di compiere una scelta importante, per loro siamo già in ritardo di anni e qui ci si sta barcamenando se restare o meno in un partito che ci ha espulsi, che chiede le dimissioni del Presidente della Camera e ne fa oggetto di attacchi al limite del ricattatorio. Non abbiamo sentito una sola voce provenire dall'entourage berlusconiano di dissonanza rispetto agli articoli di Belpietro e di Feltri, e debbo dire che questa è la sola cosa che invidio in questo momento a quel mondo, la compattezza e la capacità di prendere scelte nette. Ci sentiamo deboli? Qualcuno ha paura dell'ignoto? Non siamo in grado di fare alleanze? Questa è la politica, prendere scelte e fare alleanze, certamente non è cercare di rappresentare un popolo che non è più nel PDL da dentro il PDL.

martedì 17 agosto 2010

Il Sud, il Nord, l'Italia


di Alessandro Piergentili
Ci dispiace ma dobbiamo farlo. Dobbiamo per forza citare il famoso apologo di Menenio Agrippa narratoci da Tito Livio in Ab Urbe Condita II 32. Nell'antica Roma ci fu una rivolta della plebe contro i patrizi, forse uno dei primi scioperi della storia, e Menenio Agrippa riuscì a convincere i plebei a tornare alle proprie mansioni, con il famoso apologo. Nella sua favola si raccontava che le mani, entrate in sciopero perchè stanche di lavorare per uno stomaco che appariva loro parassitario, dovettero rendersi conto che loro erano le prime a sentirsi indebolite dalla protesta, che lasciava non solo lo stomaco, ma l'intero corpo senza nutrimento. La società vista attraverso una metafora organicista. Chiunque abbia effettuato degli studi relativi a scienze sociali, come quelli economici o sociologici, sa perfettamente che tutto è collegato, nessuna azione, per quanto isolata, può rimanere senza conseguenze sul resto della società. Oggi abbiamo letto con molta attenzione l'articolo di Panebianco sul Corriere della Sera. Premettiamo che ci troviamo sostanzialmente d'accordo con quanto scritto dal famoso editorialista e ciò ci capita spesso. In quanto parti in causa, visto che facciamo parte del movimento che si ispira a Gianfranco Fini e visto che siamo stati uno dei primi circoli costituiti al sud, ci sentiamo di escludere totalmente che Generazione Italia e Futuro e libertà siano una sorta di Lega Sud. Il difetto di rappresentanza nella difesa dei legittimi interessi meridionali non può essere coperto da un movimento politico localista speculare alla Lega Nord. Noi non ci sentiamo di aggiungere divisioni a divisioni, seguendo il motto del "divide et impera", bensì vogliamo unire. La questione meridionale, la crescita culturale, sociale ed economica del Mezzogiorno non possono essere considerati dei temi antitetici agli interessi del nord. Sono complementari. E' su questo terreno che bisogna sfidare la Lega Nord. Un'opera d'informazione che rovesci il tavolo e rimischi le carte in gioco. Si ridiscuta di federalismo quindi, anche in tempi brevi, ma rivedendo l'agenda e riformulando la teoria. Perchè bisogna partire dalla discussione sui costi standard? E' naturale che tale analisi penalizzerebbe le regioni meridionali se fosse comprensiva dei costi del personale e quasi totalmente inutile se non li comprendesse. La funzione sociale che lo stato compie al sud è troppo alta ed allo stesso tempo troppo gravosa sia per tenerne conto, che per non tenerne. Un federalismo concepito in questo modo è un federalismo punitivo, di chi già è punito dalla realtà di vivere in regioni più povere e più inefficienti. La soluzione c'è ed è quella di rimandare questa analisi alla fine del processo ed iniziare a discutere fin da subito di autonomia fiscale pura. Prendiamo come punto di riferimento gli articoli disapplicati dello statuto siciliano, il 36, il 37 ed il 38, che la Corte Costituzionale con tre sentenze del 1973, 1987 e l'ultima del Maggio 2010 ha reso inefficaci. In quegli articoli si parla di una regione (qualsiasi nel nostro caso) che sia in grado di decidere il livello di tassazione sul proprio territorio, di incamerare non solo le imposte relative ai redditi dei lavoratori e le imprese siciliane, ma anche la quota parte delle imposte sui consumi incamerate dalle imprese che siciliane non sono. Tanto per fare un esempio in un federalismo leghista se un palermitano acquista una Fiat, la maggior parte dell'iva verrebbe incassata dalla regione Piemonte e ciò è in netto contrasto con il principio ispiratore delle imposte indirette e con un concetto equo di federalismo. E' stato calcolato che se la Sicilia avesse la possibilità di incamerare le tasse indirette rivenienti dai consumi dell'isola, le entrate pro capite balzerebbero ai livelli di Marche ed Umbria. Senza contare che in un percorso di autonomia fiscale, le regioni meridionali potrebbero attrarre nuove imprese e sostituire gradualmente il modello esasperato ed inacidito del finto welfare state del nostro Mezzogiorno, con il mercato e con del lavoro vero. Un percorso di questo genere con degli step chiari e con dei punti di controllo, potrebbe permettere in un decennio di trasformare l'Italia e fermarne il costante declino. Quindi ci troviamo perfettamente d'accordo con le conclusioni dell'articolo del Dott. Panebianco, così come ci rendiamo conto che se i politici meridionali, finora, non hanno fatto gli interessi dei cittadini del sud non è colpa della Lega Nord, ma ciò non vuol dire che i leghisti con la loro visione tribale ed autoctona della società e dell'economia non stiano per danneggiare fortemente il livello socio-economico dei cittadini settentrionali. Suggeriamo a Bossi, salmoni e trote di leggersi Tito Livio.

mercoledì 11 agosto 2010

Hic Sunt Leones

di Alessandro Piergentili

ho aderito al movimento Generazione Italia, perchè avevo perso la fiducia nel progetto PDL per come era diventato. Una sorta di mostro in cui i contenuti venivano offerti dall'asse Tremonti-Lega e le proposte politiche autoctone si limitavano a leggi ad personam o ad azioni affaristiche. Generazione Italia proponeva una sorta di rivoluzione dolce all'interno del PDL, cercando di implementare un centro-destra europeo all'insegna di una piattaforma politica costruita attorno a dei valori quali l'unità d'Italia, la legalità, la giustizia sociale e l'etica repubblicana. Il leader a cui facciamo riferimento, Gianfranco Fini, è l'unico segretario di partito uscito immacolato da tangentopoli, decenni di attività politica impostate sul rigore ed il rispetto delle istituzioni e delle leggi. Tanta gente, negli ultimi mesi, attraverso Generazione Italia si è affacciata alla politica per la prima volta, il cosiddetto fenomeno dello spontaneismo. Inoltre 44 gatti finiani hanno seguito il percorso intrapreso da Gianfranco Fini fondando Futuro e Libertà. Insomma un mix destinato al successo, ma come ha detto il Presidente del Consiglio "Il bambino deve essere ucciso nella culla". Chi ha i media dalla sua parte ed il pelo sullo stomaco può fare qualsiasi cosa. Costruire dossier e sbattere il mostro in prima pagina è facilissimo, basta far ripetere più volte e da più persone che hanno accesso ai media una qualsiasi cosa, ed anche il monolocale può diventare una reggia, ed anche affari tra privati che non danneggiano la collettività possono diventare questioni di stato. Si arriva addirittura a chiedere le dimissioni e quello che stupisce è che una certa sinistra inizia ad accodarsi a mescolare il tutto nello stesso calderone, escort, mafia, tangenti, cricche varie, sono paragonabili ai monolocali. Ebbene, noi di Generazione Italia non rinunceremo al nostro sogno di costruire un centro-destra moderno ed europeo, non smetteremo di aggregare la gente attorno a quei valori di cui sopra. Potete costruire tutti i dossier che volete, anzi mettetevi al lavoro, perchè dovrete costruirne sui vari parlamentari che seguono Fini, sui Granata, sui Briguglio, sui Bocchino, sui Raisi, e poi continuare con tutti i coordinatori regionali, provinciali,i responsabili dei circoli, le migliaia di iscritti ed i milioni di persone che ormai vedono in Fini e Futuro e Libertà una speranza. Se anche riusciste mai nel vostro intento di farne fuori uno, ne spunteranno altri dieci, cento, mille, perchè se un'idea è buona non c'è nulla da fare. Quindi avete tanto da lavorare, nel frattempo noi ci batteremo come leoni.

domenica 8 agosto 2010

Sognare il futuro e lavorare per realizzarlo

di Alessandro Piergentili

Molti ci chiedono quali siano le posizioni di Generazione Italia, su questo o su quell'argomento e perchè è nato Futuro e Libertà. Alcuni asseriscono che il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha cambiato idea e rotta politica a 180 gradi, talvolta arrivando ad usare la parola tradimento. In pochi si fermano un attimo a meditare su quello che è diventata la società italiana. Cinica, esclusiva, con chiari segni di declino economico e sociale, se non di decadenza culturale. Non vogliamo attribuire colpe, anche perchè non ne siamo in grado e non è questa la sede, ma possiamo dividere la classe dirigente di questo paese attraverso un criterio molto semplice. Tra chi vuole proporre una strategia per il futuro, soprattutto dei nostri giovani, e chi pensa al presente. La dizione "governo del fare" ad esempio ha molta presa sulla gente, dal punto di vista del marketing politico è molto efficace, ma svolgere il proprio dovere e portare a termine i compiti amministrativi dovrebbero essere un prerequisito di chi ci governa. La politica ha un compito più alto, lo statista viene misurato dalla storia su come costruisce il futuro della propria nazione. Martin Luther King con il suo "I have a dream" ha contribuito a costruire, pagando il prezzo più alto, l'opportunità di avere una società il più possibile integrata che è riuscita ad eleggere un Presidente afroamericano. Generazione Italia, Futuro e Libertà, esistono proprio per affiancare alla dizione "governo del fare" quella del "governo che sogna il futuro e lavora per realizzarlo". Vogliamo anche noi una nazione coesa e sicura di sè, così tanto da non aver paura dell'immigrato o del meridionale. Vogliamo un'economia che cresca, sia al sud che al nord, anzi forse di più al sud visto che bisogna ridurre un divario sempre più grande. Vogliamo un federalismo compatibile con le caratteristiche dell'economia e della società italiana, vogliamo una giustizia che sappia riconoscere chi ha sbagliato e chi no senza pregiudizi nè giacobini nè ipergarantisti, vogliamo un fisco più equo, da utilizzare per attirare imprese straniere, magari nei territori più disagiati. Non è un caso che tali temi siano gli stessi sui quali il governo vuole fare una sorta di verifica a Settembre. L'importante è che la verifica ponga il suo baricentro sulle strategie per migliorare il futuro, non è tanto difficile, basterebbe iniziare ad abbandonare la politica dei muscoli e sostituirla con la politica della ragione.

lunedì 2 agosto 2010

Fermiamo il declino


di Alessandro Piergentili


Abbiamo perso 20 anni. Noi quarantenni, forse, non abbiamo più la possibilità di consegnare ai nostri figli un paese migliore rispetto a quello che abbiamo ereditato, così come hanno fatto i nostri padri. Oggi stiamo cercando di combattere, affinchè ai nostri figli non capiti la stessa amara sorte. E' inutile elencare ciò che non va, ciò che non è stato risolto, fermiamoci semplicemente un attimo e consideriamo che i problemi sul tavolo sono gli stessi di 20 anni fa. Debito pubblico, criminalità, corruzione, perdita di competitività, fuga di cervelli, etc.

Oggi, rispetto a 20 anni fa, abbiamo un livello di tassazione più alta, paghiamo tutto dai posteggi, alla raccolta della spazzatura e l'economia è praticamente ferma da più di un decennio. Molti nostri coetanei e quasi sicuramente i più giovani, fanno di mestiere i "precari" ed andranno in pensione chissà quando. I servizi statali sono in diminuzione e qualitativamente scarsi, come 20 anni fa. Un marziano ci chiederebbe come minimo "il licenziamento"degli amministratori che ci hanno portato a questo punto ed invece le facce sono sempre le stesse, il ricambio generazionale dei livelli dirigenziali è pressocchè nullo, a meno che non si sia somiglianti a trote o salmoni. La prima soluzione per fermare il declino appare chiara. Cambiare la classe dirigente. Intanto chi ha sbagliato deve cambiare lavoro, iniziamo a creare il precariato anche nella classe politica, quantomeno per ragioni di giustizia sociale. Poi portiamo avanti delle ricette tanto semplici quanto opposte a quelle che si stanno "cucinando" in questo momento.

Il mercato settentrionale è saturo e quello meridionale è asfittico. La soluzione della crescita è semplice, far crescere il meridione al livello del 3-4% annuo, il che produrrebbe un aumento dei consumi trainante per l'economia settentrionale.

Come? Semplice anche qui. Leva fiscale. Le nuove imprese che aprono al sud non pagano imposte per i primi dieci anni.

Il federalismo? anche in questo caso, bisogna stravolgere il concetto. Perchè iniziare dai costi standard? Iniziamo dal redistribuire le entrate secondo il concetto del luogo della transazione e non della sede della società venditrice. Se acquisto una Fiat a Napoli, perchè l'iva va versata in Piemonte? L'iva deve rimanere in Campania, e così via.

Potremmo continuare ad annoiarvi, le soluzioni ci sono per la maggior parte dei problemi che procurano il declino, manca la volontà di portarle avanti, perchè viviamo in una società bloccata, con una classe dirigente immobile tesa a curare la propria sopravvivenza. Manca chi riesca a parlare in Europa, a ricontrattare il modello economico, che per noi è penalizzante, e dare dignità politica alla terza economia del Continente. Se per crescere c'è bisogno di abbassare le imposte al sud e dare un'autonomia impositiva a tutte o parte delle regioni, ciò va contrattato a livello europeo e va fatto con determinazione per il bene del paese.

Unirsi quindi attorno a dei valori, come l'unità d'Italia, la giustizia sociale, la legalità, ma portando soprattutto avanti l'esigenza di ricambio generazionale e di cambiamento delle politiche economiche e sociali.