mercoledì 14 luglio 2010

L'etica della legalità


di Giulio Figlia


Qualche giorno fa, in un articolo su www.generazioneitalia.it, ripreso in questo nostro blog, Fabio Granata usava il titolo del libro e film “Romanzo Criminale” per definire sinteticamente cosa accade nel PdL in termini di etica, legalità, trasparenza. Tutti noi, sfogliando le pagine di cronaca giudiziaria, non possiamo non notare che gli scandali politica-malaffare vedono coinvolti sempre almeno un esponente del Popolo della Libertà, è difficilissimo, e a memoria non ne ricordo, trovare un’inchiesta in cui non ce ne siano. Va da sé che questo non accade perché gli esponenti del partito di maggioranza siano antropologicamente inclini al crimine ma per il semplice motivo che essendo appunto maggioranza sono quelli che ricoprono quei ruoli di responsabilità che li rendono un bersaglio da avvicinare, da tentare, da condizionare, da corrompere da parte dei faccendieri, delle cricche, delle logge, delle cosche. E’ solo per questo? O c’è pure una mai affrontata questione morale all’interno del PdL?


Secondo il mio parere è tale questione morale il vero problema. Questione che trova conferma anche nelle mancate dimissioni di Verdini, di Caliendo, di Cosentino, (se nei prossimi giorni ci saranno è chiaro che saranno imposte per evitare la sfiducia) o di Dell’Utri, per non parlare dell’insofferenza mostrata quasi quotidianamente nei confronti della magistratura da parte di molti esponenti del PdL, a partire dallo stesso Silvio Berlusconi. Ostilità verso la magistratura che porta ad un sentimento di accerchiamento che sconfina dal garantismo alla desiderata immunità (o impunità) arrivando a credere senza se e senza ma nell’innocenza del politico indagato, anche quando, come nelle ultime vicende, vi sono riscontri oggettivi o addirittura sentenze avverse all’imputato, e al considerare come un complotto, un tentativo eversivo il solo indagare della magistratura. Intollerabili infine sono gli attacchi da parte di membri del PdL ad alcuni compagni di partito, i cosiddetti “finiani”, come Bocchino, Buongiorno o Granata i quali hanno avuto il torto di domandarsi se era il caso per motivi di opportunità politica e morale se chi è al centro di svariati scandali non debba dimettersi, oppure il torto di presentare emendamenti per andare incontro, nel caso del ddl intercettazioni, alle critiche della quasi totalità degli esperti del settore. E’ questo essere giacobini e giustizialisti? O forse sono gli altri che difettano di etica?


Se è vero come è vero che la libertà è un diritto assoluto che va tutelato sempre e la sua privazione può avvenire solo in caso di accertamento oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza dell’imputato, il fare politica e il governare la res publica non sono diritti assoluti ma oneri che investono il politico, il quale dovrebbe essere un esempio per la comunità, giudicato politicamente (non giudiziariamente, è chiaro) ribaltando un principio giuridico: passando dalla colpevolezza ogni oltre ragionevole dubbio all’innocenza oltre ogni ragionevole dubbio. Solo così, spazzando il campo da ogni possibile ombra o sospetto, si può ridare dignità attraverso l’etica della legalità alla Politica; è questo che noi di Generazione Italia vorremmo fare, riportare l’etica della legalità al centro dell’agone politico, cosa che è la norma in tutte le democrazie del mondo tranne in una: l’Italia, almeno finora.


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