domenica 9 gennaio 2011

I DISERTORI DELL’UNITA’ D’ITALIA: UN GOVERNO IN FUGA RAPPRESENTATO SOLO DA LETTA

da destradipopolo.net

IN QUALSIASI ALTRO STATO CIVILE LE CELEBRAZIONI AVREBBERO COINVOLTO TUTTI: IN ITALIA IL GOVERNO E’ LATITANTE PER PAURA DEI RICATTI DI UN PARTITO CHE STA SULLE PALLE A 9 ITALIANI SU 10… E QUESTO SAREBBE UN GOVERNO DI DESTRA? O FORSE UN ESECUTIVO DI VILI DISERTORI INTERESSATI SOLO A SALVARE LA PELLE E IL POSTO?

Con il governo appeso a tre voti, figurarsi se Berlusconi farà il gesto ardito di contrariare Bossi, sgomitando per mostrarsi in prima fila alle celebrazioni dell’Unità d’Italia.
E difatti a Reggio Emilia, il Cavaliere s’è ben guardato perfino dall’inviare un messaggio, una lettera, una delegazione in sua vece.
A parte l’onnipresente Letta, che incarna il galateo della Repubblica, è come se i ministri si fossero passati la voce: meglio snobbare l’evento.
Alla festa del Tricolore non se ne è vista traccia.
Alcuni ministri in privato si giustificano, «l’invito del Quirinale era di routine, nessuno ha fatto sapere che Napolitano ci teneva», quasi che fosse necessaria una speciale supplica del Colle.
Tutte scuse, rispondono da lassù. Il vero nodo politico del Centocinquantenario che non decolla sta nella Lega. Sempre più padrona del campo, padrona anche delle idee.
Ma c’è dell’altro che motiva il disinteresse del premier, perennemente distratto quando Bondi e La Russa (con quel pizzetto risorgimentale che molto richiama Bixio) hanno posto il problema, mesi fa persino in Consiglio dei ministri, però con scarso successo.
La prima spiegazione suggerita dai consiglieri del Principe è quasi antropologica. Berlusconi, imprenditore brianzolo votato al «fare», aborre l’«ipocrisia» delle ricorrenze poiché ritiene che rimboccarsi le maniche giovi all’unità d’Italia più di mille pompose orazioni.
Completano il pensiero i soliti detrattori, segnalando che forse è meglio così, perché mai Silvio si è appassionato di storia patria.
E quando ha ritenuto di cimentarsi (con l’eccezione del discorso alto e nobile il 25 aprile 2009), dalla sua bocca sono usciti simpatici lapsus tipo «Romolo e Remolo», oppure gaffes involontarie sul papà dei sette fratelli Cervi, che lui sarebbe andato volentieri a trovare se non fosse morto 30 anni prima come ben sa Napolitano, il quale ieri ha reso visita alla casa-museo.
Non deve fare scandalo.
La ricca bibliografia sul Cavaliere concorda che il segreto della sua leadership sta proprio nel «pensiero debole».
Berlusconi guarda ostentatamente avanti, e considera il passato come un fardello, una malinconia.
Infine c’è l’ultima spiegazione, che riporta alla battaglia politica e al complicato ménage con Bossi: il nostro premier ritiene che la maniera più stolta per frenare la Lega è quella di farci a zuccate. La tattica più astuta consisterebbe viceversa nell’ignorarne le «mattane», specie quando evocano Roma Ladrona, il separatismo e, dio non voglia, i fucili.
Come con i pargoli maleducati, «bisogna far finta di nulla».
E’ un precetto che i gerarchi berlusconiani confessano di avere sorbito decine di volte: «Più noi ribattiamo a Bossi, più facciamo il suo gioco».
Sulle celebrazioni del Centocinquantenario, che s’intrecciano pericolosamente con l’ultimo miglio del federalismo fiscale, il Cavaliere ha deciso: la Lega dica quello che vuole, «noi non reagiremo».
Non risulta che si sia speso per allargare il budget delle manifestazioni pubbliche.
Nè pare che Berlusconi abbia insistito con Bossi perché intervenga personalmente a qualche evento celebrativo, se non altro per far contento «il vecchio del Colle».


Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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