sabato 21 maggio 2011

Partiti meridionalisti e vecchi politici, il cambiamento passa altrove. Pensiamo futurista.

di Giulio Figlia


Qualche giorno fa il presidente di Confindustria-Sicilia Ivan Lo Bello si è (giustamente) scagliato contro la classe dirigente meridionale addossando a questa la colpa del divario Nord-Sud. Lo Bello nel suo sfogo da la colpa alla classe dirigente generalmente intesa, quella politica, quella amministrativa e quella economica. Se il presidente degli imprenditori siciliani si concentra sul versante economico riconoscendo come ancora troppi imprenditori meridionali rimpiangono l’assistenzialismo di qualche tempo fa e siano incapaci di confrontarsi con il mercato io vorrei parlare brevemente del versante politico e amministrativo. La qualità della classe politica meridionale è davanti agli occhi di tutti, basta guardarci attorno a Palermo e in Sicilia per giudicarla. Se diamo un’occhiata ai nostri politici risulta chiaro che la loro più grande capacità è il catalizzare e raccogliere voti, non certo grazie ad un particolare carisma o eccezionali abilità retoriche ma grazie a prebende, clientele, distribuzione di fondi e incarichi finalizzati alla creazione di un piccolo esercito di voti da far valere sul tavolo delle trattative al momento di richiedere questo o quell’incarico (se in un partito o nella pubblica amministrazione non fa differenza). Il problema è inoltre che cotanti individui hanno anche la pretesa di governare la cosa pubblica, poco importa se fanno regolarmente scadere i fondi europei oppure investirli all’ultimo minuto per creare ulteriori clientele o se non hanno la minima idea di modelli di governo cittadino, la quantità di progetti a tutti i livelli di importanza sbagliati anche concettualmente a Palermo ormai neanche si conta più; dalle periferie dormitori passando per le piste ciclabili mal ideate all’esperimento di qualche tempo fa di conferire l’immondizia (senza differenziarla) ogni mattina attorno a dei pali (all’aperto senza contenitori) per poi raccoglierla in mattinata con i conseguenti problemi sul traffico, una modalità di raccolta che può andare bene in un piccolo centro non certo in una medio-grande città come Palermo. Per capirlo bisogna essere dei grandi urbanisti o sociologi urbani oppure è sufficiente avere un minimo di intelligenza e capacità di gestione? Ad ogni modo la classe politica meridionale non è altro che lo specchio della società o meglio è la sua espressione, non sono al governo per un colpo di Stato, per concorso o per sorteggio sono lì perché sono stati eletti. Il cambiamento allora deve partire da noi, se non vogliamo vedere più politici capaci solo di presenziare in qualche talk-show in una TV regionale o a qualche aperitivo e che poi di fatto si comprano i voti a migliaia con infornate di PIP, LSU e compagnia cantante a spese nostre con i nostri soldi che servirebbero per fare asili, scuole, strade, crediti d’imposta per le imprese basta non votarli più. Alla fine sono sempre gli stessi e proprio perché sono sempre gli stessi è facile individuarli: come certi ex-sottosegretari al Mezzogiorno che ora fanno i paladini del Sud (ma dovrebbe combattere contro se stesso e i suoi amici) ma sono svariati e in ogni regione del meridione e basterà pensarci trenta secondi per trovarne a dozzine. E’ il momento di una insurrezione politica e civile con lo strumento del voto per trovare una nuova classe dirigente (anche all’interno dei partiti) che non sia più la vecchia politica un po’ terrona del vasa-vasa ma una politica capace di progettare, governare e farsi giudicare su questo, una politica che purtroppo, non è uno stereotipo razzista in stile leghista, da queste parti è rara come un coccodrillo albino. Siamo noi che con il voto abbiamo la possibilità di cambiare i nostri dirigenti, o meglio, di sostituirli magari prendendo noi stessi il loro posto. Senza la paura di arrivare ad un redde rationem tra chi da un lato utilizza la res publica per averne vantaggi, per essere un parassita ed è pronto a vendere il proprio voto in cambio di un posto pubblico e chi dall’altro lato vede la politica come servizio e non vuole prebende e non vuole essere parte di nessuna clientela di questo o quel notabile locale.

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