mercoledì 8 settembre 2010

Giovani, precari e benestanti. Il paese che non c'è


di Alessandro Piergentili
Una regola fondamentale del capitalismo è che al rischio sono associate maggiori possibilità di profitto. E' così in qualsiasi mercato capitalistico, che sia monetario, azionario, valutario, etc. Nei paesi anglosassoni anche il mercato del lavoro è praticamente libero ed alla totale flessibilità dei rapporti corrispondono possibilità di guadagno sostanziose. Anche in Germania, dove il mercato del lavoro è meno libero, ma la contrattazione da parte dei sindacati ha un certo peso nella determinazione dei salari, il principio che a maggiore flessibilità e quindi a maggior rischio di perdita del lavoro, si coniughi uno stipendio maggiore è rispettato. Solo in Italia siamo originali. Contravveniamo a qualsiasi regola macroeconomica e finanziaria con un sistema misto che regala alla parola flessibilità un'accezione negativa, trasformandola solo in precarietà, senza alcuna possibilità di guadagno e trasformando il mercato del lavoro in un a mostruosità teorica. A maggior rischio corrispondono minori possibilità di guadagno. In economia, quando si contravvengono alle regole basilari, la si paga. Sarà per questo che il declino italiano è iniziato quando è stata introdotta questa strana forma di flessibilità? Un economista liberista non dovrebbe organizzare ogni giorno dibattiti sul tema? Un economista socialista non dovrebbe essere indignato? I sindacalisti non dovrebbero manifestare ogni giorno? Il ministro dell'economia non è un sindacalista, nè abbiamo ancora compreso se la sua linea strategica sia più socialista o liberista, certamente non ha affrontato il problema, nè sembra abbia in agenda di farlo. I sindacati rappresentano le esigenze dei pensionati e dei lavoratori a tempo indeterminato, agli imprenditori, ottusamente, il sistema va benissimo, ma a questi poveri precari chi li deve rappresentare? I partiti di sinistra? I cobas? Purtroppo le ricette proposte sono ancora peggiori rispetto a quelle proposte da chi non li rappresenta ed allo status quo. Basterebbe leggere il libro di Gianfranco Fini, il Futuro delle Libertà, oppure riascoltare con attenzione il suo discorso di Mirabello, per capire che il problema del lavoro giovanile è centrale e sarà centrale per il probabile partito che verrà. Una proposta concreta da cui partire potrebbe essere quella di ancorare i contratti dei precari ad un minimo che sia maggiore dei corrispondenti contratti collettivi di categoria a tempo indeterminato, di almeno un 10-15%. Comprendiamo che le obiezioni verteranno sul fatto che gli occupati potrebbero diminuire, visti i maggiori costi aziendali. Valutando la cosa da economisti e non da ragionieri la risposta è piuttosto semplice. A maggior guadagno dei precari, corrisponderà una maggiore quota dei consumi interni, che compenserà i maggiori costi delle aziende, con maggior fatturato. Senza contare che, in questo modo, i precari avranno più possibilità di accedere al credito e quindi la leva finanziaria contribuirà ad aumentare più che proporzionalmente i consumi. Un'altra obiezione che ci aspettiamo è sull'aumento della quota di lavoro nero. Una nazione che rinuncia ad applicare un principio economico e sociale sacrosanto, perchè non sa far rispettare le sue leggi non è un posto dove vorremmo vivere ancora a lungo. Il dramma sociale che vivono milioni di giovani e non potrebbe essere finalmente risolto semplicemente copiando quello che fanno gli altri paesi. Di solito gli studenti meno bravi copiano, il problema non risiederà nel fatto che chi dirige questo paese si ritiene troppo bravo?

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